- Lunedì, 04 Maggio 2015 11:13
- Redazione Contropiano
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Quando un paese ne occupa e ne opprime un altro sono anche i propri cittadini a subire il razzismo e la discriminazione indirizzata ufficialmente nei confronti dei colonizzati. A maggior ragione se si è in qualche modo diversi dalla maggioranza della popolazione. E’ quanto accade in Israele nei confronti dei cosiddetti ‘falasha’, cittadini etiopi portati spesso con l’inganno in Israele nei decenni scorsi per motivi strumentali e che da allora sono stati abbandonati a se stessi e discriminati.
Ma dopo anni di soprusi alcuni di loro hanno deciso di alzare la testa e ieri a Tel Aviv una manifestazione organizzata dagli israeliani di serie B contro le discriminazioni e le violenze della polizia è sfociata in scontri e arresti.
Prima gli immigrati etiopi avevano manifestato nei pressi degli uffici del governo nei pressi delle Torri Azrieli, e poi alcune migliaia di persone – Falasha ma anche attivisti di alcuni gruppi di sinistra e associazioni antirazziste – hanno marciato al grido di ‘Né bianchi né neri, solo esseri umani’, verso la sede del Comune di Tel Aviv dove la situazione si è fatta incandescente.
Secondo la tradizione mitologica ebraica i Falasha sarebbero il risultato dell’unione tra re Salomone e la Regina di Saba. Tra il 1977-1979 lo stato di Israele approfittò del clima di intimidazione in Etiopia nei confronti di alcune comunità Falasha per convincere gli ‘ebrei etiopi’ a emigrare verso il Sudan. Poi, ricorrendo in molti casi all’inganno, il governo di Israele trasportò varie decine di migliaia di loro a Tel Aviv attraverso un imponente ponte aereo nel corso di tre operazioni denominate rispettivamente “Operazione Mosè”, “Operazione Giosuè” e “Operazione Salomone”. Attualmente in Israele vivono circa 120mila Falasha e loro discendenti, la maggior parte dei quali è relegata ai margini della società in uno status che è molto simile a quello imposto ai palestinesi e agli altri immigrati africani spesso oggetto di pogrom razzisti. I rappresentanti delle comunità Falasha hanno spesso accusato le autorità israeliane di perseguire una drastica politica di “ebraizzazione” degli immigrati etiopi, utilizzando soprattutto il sistema scolastico e l’esercito.
Nel tentativo di placare la rabbia dei Falasha giovedì il presidente della Repubblica Reuven Rivlin aveva incontrato una delegazione di studenti etiopi mentre ieri il premier Benjamin Netanyahu ha annunciato che oggi incontrerà i rappresentati della comunità immigrata, compreso Damas Pakedeh, il soldato vittima della violenza della polizia.